Valentina Spanu, appena trasferitasi in Nuova Zelanda, ci racconta, direttamente da Auckland, il suo tentativo di inserirsi nel locale mondo della vela. E secondo la sua esperienza, il velista straniero non sembrerebbe avere vita facile
“Che fortuna! Per un’amante del mare come te la Nuova Zelanda sara’ senz’altro un’esperienza incredibile, non vorrai piu’ tornare in Sardegna!”
Questo e’ quello che mi son sentita ripetere infinite volte prima della mia partenza, a dicembre. E si, la Nuova Zelanda, ed in particolare Auckland, la citta’ in cui mi sono trasferita, e’ famosa tra i velisti di tutto il mondo per la sua frenetica attivita’, regate costanti in ogni situazione e in ogni stagione. “La gente vive in mare”, si dice, e con ragione. Non c’e’ neozelandese che non abbia la sua barca, a vela o a motore, e che si coltivi il suo personale rapporto col mare, andando a pesca o solcando la sua superficie spinto dal vento. Ma come vive la vela un visitatore di passaggio? Uno che, come me, e’ arrivato qui all’improvviso e che vuol praticare le sue passioni anche qui, nell’emisfero opposto al nostro senza avere qui ne’ storia ne’ radici? Nell’immaginario collettivo io sto vivendo in acqua, ma la verita’ e’ che purtroppo, il mio rapporto col mare, con questo mare, me lo sto costruendo con fatica e costanza. Per un viaggiatore, o una persona che temporaneamente si trasferisce da queste parti, sorprendentemente non ci sono strutture attrezzate per promuovere gli sport marini. Mancano tutti quegli spot cosi tipici lungo le nostre spiagge come baretti e capanne dove almeno d’estate si possono sempre affittare derive, tavole da surf, kite, e magari farsi qualche lezione e trovare qualche nuovo amico con cui uscire ogni tanto.
Per noi e’ talmente normale che lo diamo quasi per scontato, ma qui, il neozelandese medio cresce in mare, generalmente nel suo giardino o garage ha tutto l’armamentario di cui ha bisogno per viversi i suoi hobby e le sue passioni, e nei lunghi pomeriggi d’estate e nei fine settimana d’inverno, col suo carrello o il suo furgoncino trasporta verso una rampa d’accesso completamente gratuita il mezzo con cui vuole uscire in mare. Chi ha grandi barche a vela ormeggiate nei porti e’ sempre pronto al richiamo di una qualche possibile regata o veleggiata. Questa e’ la loro cultura, e in questo mare cosi diverso, e spesso anche pericoloso, vengono tirati su grandi sportivi. Ma che possibilità ha un nuovo arrivato? Uno che qui non ha una barca di proprieta’ ma magari vorrebbe continuare ad uscire durante la sua permanenza neozelandese e magari condividere la propria passione con i locali? E’ molto difficile se non si conosce nessuno. Svariati velisti di passaggio mi hanno espresso le loro perplessita e la frustrazione nel non trovare facilmente ingaggio. L’opzione migliore e’ senza dubbio aderire alla pagina Facebook della “Royal New Zealand Yacht Squadron Crew Finder” (ancora una volta Santo Facebook!) e attendere che per qualche particolare evento ci sia richiesta di equipaggio. Questo apre svariate possibilità.
Per coloro che riescono a provare l’esperienza di una regata in questi mari e’ una botta di adrenalina. Le barche e i loro equipaggi non si fermano davanti a niente pur di arrivare primi in boa: alla mia prima esperienza, quella che doveva essere una semplice “veleggiata” sembrava invece una mattanza di barche che collidevano l’una con l’altra. Poco male, spesso gli armatori hanno barche apposite per le regate che riparano al volo prima degli eventi successivi.
Insomma, per praticare sport marini in Nuova Zelanda purtroppo bisogna programmare con un certo anticipo. Il che puo’ essere un po‘ frustrante, ma sicuramente ne vale la pena, il mio esempio di testardaggine sarda alla fine ha portato i suoi frutti.
Dopotutto provo un senso di orgoglio verso la mia cara Sardegna se penso a tutte le agevolazioni che il turista o il velista di passaggio puo’ trovare lungo le nostre spiagge e i nostri centri velici, e non sempre l’Eldorado sta dall’altra parte del mondo…
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